giovedì 27 settembre 2012

Oltre ai vizi non resisto alle stronzate

Tempo fa uno dei miei bersagli preferiti su fb era Ferrero di Rifo. Poi mi sono stufano, dato che i commentatori erano a livello della ggente. Ciò è molto triste. Tuttavia oggi vedo questo post:

MONTI VA MANDATO SUBITO A CASA E VA COSTRUITA PER LE ELEZIONI UNA COALIZIONE PER ROVESCIARE LE POLITICHE DI MONTI E IL FISCAL COMPACT
Monti annuncia che “se serve ritorna”: ci risparmi questo “sacricifio” e torni a fare il suo mestiere di speculatore alla Goldman Sachs. Per schiodarlo dalla poltrona su cui lo hanno posto gli speculatori e i poteri forti italiani ed europei, Monti va mandato subito a casa, evitando che continui a fare danni. In ogni caso per le prossime elezioni noi presenteremo una coalizione alternativa che si candidi al governo del paese per rovesciare le politiche di Monti e il Fiscal Compact. Il problema infatti non è solo Monti ma le sue politiche sostenute da PD, PDL e UDC che stanno sprofondando l’Italia nella crisi. Monti o non Monti queste politiche continueranno se continueranno a governare questi partiti. Se ne devono andare a casa.

Al che non resisto e commento (in rigoroso maiuscolo): SI' VAI FERERRO!!1 E CANCELLA IL DEBBITO!!!1!!

Vediamo se i  commentatori capiscono. Che c'erano sì i "compagni che sbagliano", ma ci sono anche i compagni che coglionano. 
 
 
 

La corazzata

Io le ho provate tutte: mi sono iscritto ad un corso, ho chiesto ferie, ho allevato cavallette... ma questa volta non mi riesce. Proprio non riesco ad evitarlo. L'incubo di ogni impiegato. Il famigerato TEAM BUILDING. Negli ultimi anni col mio precedente donatore di lavoro ne ho schivati 2 adducendo scuse vagamente plausibili, ma stavolta mi hanno fregato.

Lunedì e martedì, tutti assieme, tutto il dipartimento. Coi colleghi e i capi. Per migliorare l'efficienza e creare coesione. Presentazioni e giochini, anche giro in bici. Porca troia.

Mi sento molto fantozziano.

 

Libertà d'espressione o libertà di scrivere falsità alla cazzo?


Sono particolarmente sensibile al tema "giornalismo".

E odio ferocemente gli scribacchini che scribacchiano coi piedi (vedi redazioni online dei due principali quotidiani di intrattenimento). Ma ancora di più odio quei giornalisti che usano consapevolmente la penna per altri obiettivi (tipo difendere il padrone, diffamare, creare odio...). Che scrivere male è colpa, ma l'altro caso è dolo.
 
E qui mi riferisco principalmente ai giornalisti à la Belpietro, Feltri o il Sallusti (che in questi giorni è diventato famoso come martire della libertà di parola). I tre citati (ma ce ne sono molti altri, tipo il giornalista radiato Farina che ha effettivamente scritto l'articolo per cui Sallusti stato condannato) mi hanno trasmesso sempre la sensazione di essere dei squadristi pagati da Berlusconi - in effetti tutti erano o sono alle dipendenze del nanetto e lo squadrismo non per forza fisico.

Sulla questione specifica della condanna copio spudoratamente un pezzo di Robecchi trovato su FB, dato che spiega perfettamente che l'articolo non era un'opinione, ma semplicemente una raccolta di falsità. E per le falsità è stato condannato Sallusti nella veste di "direttore responsabile" anche se l'articolo era scritto da un personaggio radiato dall'Ordine dei Giornalisti. Insomma, se fai scrivere uno radiato, almeno controlla quello che scrive. Se proprio devi lasciarlo scrivere sul quotidiano che dirigi.

Per me un po' di galera farebbe bene a Sallusti. E anche a Farina. Ma pure ai giornalisti come monito: cercate di scrivere meglio. Colpirne uno per educarne cento.

Due o tre cosucce sul caso del martire Sallusti. E perché non è il caso di piangere
 by

Alessandro Robecchi on Tuesday, 25 September 2012 at 15:54

Va bene, pare che tutto il mondo intellettuale italiano, con tutto il milieu giornalistico in prima fila, compatto e granitico, sia in grandi ambasce per il rischio che Alessandro Sallusti, oggi direttore de Il Giornale e al tempo dei fatti di Libero, finisca in galera a seguito di una condanna per diffamazione. È sconfortante assistere a una così poderosa levata di scudi contro la restrizione della libertà personale, e dispiace semmai che tanta compattezza non si veda in altre occasioni. Tanta gente va in galera per leggi assurde e ingiuste come circa tremila persone accusate del bizzarro reato di clandestinità eppure la notizia Sallusti. Bene, allora vediamola bene, questa notizia, al di là delle sentenze, delle polemiche, dei meccanismi della giustizia. Proviamo insomma ad applicare il vecchio caro concetto del vero o falso?

Il fatto.
Nel febbraio del 2007 una ragazzina di Torino (13 anni) si accorge di essere incinta. I genitori sono separati. La ragazzina (che tra l'altro ha problemi di alcol ed ecstasy) vuole abortire, ha il consenso della madre, ma non vorrebbe dirlo al padre (i genitori sono separati). Per questo si rivolge alla magistratura. È quanto prevede la legge: mancando il consenso del padre si dovuto chiedere a un giudice tutelare, che ha dato alla ragazzina (e alla madre, ovviamente) il permesso di prendere una decisione in totale autonomia. Come del resto precisato in seguito, a polemica scoppiata, da una nota dettata alle agenzie dal Tribunale di Torino: Non è stata alcuna imposizione da parte della magistratura.

Larticolo querelato.
St'rano che, in tutto il bailamme suscitato dal rischio che Sallusti finisca in carcere, nessuno si sia preso la briga di ripubblicare l'articolo incriminato. Anche in rete si fatica a trovare la versione completa, anche se basta scartabellare un po' nella rassegna stampa della Camera dei Deputati per trovarlo (andate qui e leggetevelo: http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=DHQW1). L'articolo (Libero, 18 febbraio 2007) firmato con lo pseudonimo di Dreyfus (quando si dice la modestia) e racconta la vicenda in altri termini. La prosa maleodorante e vergognosa un cocktail di mistica ultracattolica e retorica fascista non suscettibile di querela e quindi ognuno la valuti come vuole. Ma veniamo ai fatti. La vulgata corrente di questi giorni insiste molto su una frase, questa:

ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo e il giudice

E' vero. Si tratta di un'opinione. Scema, ma un'opinione. Disgustosa, ma un'opinione. Vediamo invece le frasi che non contengono opinioni ma fatti. Falsi.

Il titolo, per esempio: Il giudice ordina l'aborto / La legge più forte della vita. Falso. Nessun giudice ha ordinato di abortire. Altra frase: Un magistrato allora ha ascoltato le parti in causa e ha applicato il diritto il diritto! decretando l'aborto coattivo. Falso. Il giudice ha dato libertà di scelta alla ragazzina e alla madre. Ancora: Si sentiva mamma. Era una mamma. Niente. Kaput. Per ordine di padre, madre, medico e giudice, per una volta alleati e concordi.Falso. Il padre non sapeva (proprio per questo ci si rivolti al giudice) e le firme del consenso all'aborto sono due, quella della figlia e quella della madre. E poi: Che la medicina e la magistratura siano complici ci lascia sgomenti. Falso. Complici di cosa? Di aver lasciato libera decisione alla ragazza e a sua madre?

Ora, sarebbe bello chiedere lumi anche a Dreyfus, l'autore dell'articolo. Si dice (illazione giornalistica) che si tratti di Renato Farina, il famoso agente Betulla stipendiato dai Servizi Segreti che radiato dall'Ordine dei Giornalisti non avrebbe nemmeno potuto scrivere su un giornale il suo pezzo pieno di falsità. Non c'è dubbio che il caso della ragazzina torinese sia servito al misterioso Dreyfus, a Libero e al suo direttore Sallusti per soffiare quel vento mefitico di scandalo che preme costantemente per restringere le maglie della legge 194, per attaccare un diritto acquisito, per gettare fango in un ingranaggio già delicatissimo. Ma questo , diciamo cos, lo sporco lavoro della malafede, non condannabile per legge. Condannabile per legge , invece, scrivere e stampare notizie false. Di questo si sta parlando (anzi, purtroppo non se ne sta parlando), mentre si blatera di reato d'opinione.

Il reato d'opinione non centra niente. Centra, invece, e molto, un giornalismo sciatto, fatto male, truffaldino, che dà notizie false per sostenere una sua tesi. Per questo la galera vi sembra troppo? Può essere. Ma per favore, ci vengano risparmiati ulteriori piagnistei sul povero giornalista Sallusti che non può dire la sua.

PS) Un mio vecchio maestro di giornalismo, all'Unità (sono passati secoli, ma io gli voglio ancora bene), scrutava i pezzi scritti da noi ragazzini con maniacale attenzione. Quando trovava qualcosa di querelabile ci chiamava e ci diceva: Vuoi che ci portino via le rotative? Vuoi che ci facciano chiudere il giornale dei lavoratori?. Nel fondo di oggi su Il Giornale, Sallusti lamenta con toni da dissidente minacciato di Gulag, che non intende trattare per il ritiro della querela, che ha già pagato 30.000 euro e non vuole pagarne altri 30.000. Spiccioli. Ecco. Forse portargli via le rotative, come diceva il mio vecchio compagno sarebbe meglio. Meglio anche della galera. Di molte cose abbiamo bisogno, ma non di un martire della libertà con la faccia di Sallusti.

mercoledì 26 settembre 2012

L'EUR e i soldi svizzeri

Ieri ho mandato questo link di Phastidio alla mailing list del gruppo politico reazionario-conservatore di cui faccio parte. Lo copio qui così non serve premere sulle lettere blu:

Svizzera, dai buchi nel formaggio alle bolle sui mercat


A distanza di alcuni mesi dalle prime ipotesi (che avete letto qui), oggi anche Standard & Poor’s ha confermato che la Banca Nazionale Svizzera è una centrale di distorsioni dei mercati finanziari (e della realtà, oltre che delle analisi politiche) collocata nel cuore dell’Europa.
L’agenzia di rating stima infatti che, nei primi sette mesi del 2012, la banca centrale elvetica avrebbe comprato 80 miliardi di euro di debito dei paesi core dell’Eurozona, per poter mantenere il rapporto di cambio con l’euro inchiodato al pavimento di 1,20. Questo importo equivale a quasi la metà del deficit fiscale combinato per l’Eurozona, previsto per il 2012. L’aspetto più singolare di questa azione della BNS è dato dalla scelta degli strumenti. Di questi acquisti, un grande beneficiato è stato la Francia, che ha visto il proprio spread con la Germania ridursi a livelli del tutto incompatibili con i fondamentali economici e fiscali del paese, che sono in costante deterioramento. Con buona pace di letture moralistiche sui livelli di rendimento del debito sovrano come sanzione della virtuosità fiscale, che qualche moralista di casa nostra ha continuato a spacciare per mesi. Ma sono digressioni.
Il problema è che l’azione della BNS crea spontaneamente distorsioni, di ogni tipo: limitarsi ad acquistare Bund avrebbe allargato lo spread con Italia e Spagna, causando nuovo panico tra gli investitori e nuova pressione sul franco svizzero, che a sua volta avrebbe richiesto nuovi acquisti calmieratori. Ecco quindi, anche per sfruttare il maggior rendimento, che la banca centrale svizzera comincia ad acquistare anche gli OAT francesi, abbattendone rendimento e spread contro Bund. Quest’ultimo passa dai 145 punti-base di metà maggio ai 55 di metà settembre, e galleggia oggi intorno ai 70 punti-base. Qualcuno sano di mente pensa davvero che in Francia, da maggio ad oggi, sia successo qualcosa tale da renderla più affidabile e solida della Germania, in termini relativi? Evitiamo, dunque, di dare meriti inesistenti ad Hollande.
Nel frattempo, la BNS deve cercare di convertire la marea di euro che si trova in casa, e si muove come un elefante (in tutù) in una cristalleria, finendo con il comprarsi il dollaro australiano e la corona svedese, in quanto carta tripla A, mandando alle stelle il cambio di quei paesi senza apparente motivazione fondamentale (men che mai nel caso australiano, il canarino nella miniera cinese).
Ancora una volta, i “mercati” (sia pure attraverso agenti quasi onnipotenti, come le banche centrali), plasmano la realtà. Attenzione ad inferire oltre dati limiti, ed a costruirci sopra tanti bei castelli di carte.


Letto l'articolo ricevo la seguente domanda:
"Molto interessante. Grazie della segnalaziome.
Mi chiarifichi una cosa, quando dice che ha comprato corone svedesi e dollari australiani, intende, pagando in euro o con i bond francesi(OAT) ?
Quindi, in sostanza, è riuscita a passare la patata bollente (euro o bond?) a Australia e Svezia?
Ma in quel caso, perchè Australia o Svezia hanno comprato (euro o bond?) della pericolosa eurozona? Gli svizzeri gli stanno simpatici?"


Risposta (un po' riscritta per facilitare la lettura): 

La storia è che la banca centrale (BNS o SNB) ha deciso di fissare il cambio minimo con l'Euro a 1.20 (era caduto a quasi 1). Per fare ciò, oltre all'annuncio che ha subito fatto muovere il mercato deve anche effettivamente comprare Euri quando il cambio si avvicina al "floor" di 1.20. L'annuncio è credibile, perché la Svizzera può stampare quanti franchi vuole e il CHF è sempre stato un bene rifugio come l'oro, cioè nei periodi di crisi (tipico guerre o paura dell'inflazione) si comprano CHF e oro (una volta anche USD ora un po' meno). In pratica i mercati (ma anche la ggente!) hanno fiducia nella Svizzera e le credono.
 
Quindi che succede? Stampano franchi* e comprano EUR sul mercato. Però non è che puoi tenere gli Euri sotto al materasso, li metti in qualche banca (conto corrente), ma anche le banche, se hai 80 miliardi, diventano rischiose: ogni banca e anche la SNB ha politiche di risk management per cui si cerca di ridurre il rischio di credito [cioè che ti fallisca la controparte], quindi probabilmente hanno dei limiti sull'esposizione al settore creditizio. Quindi la soluzione è comprare titoli di Stato con gli Euri che avanzano, perché nonostante tutto è meglio prestare soldi ad un governo che alle banche.
 
Dal punto di vista svizzero se non vuoi tenere troppi soldi sul conto corrente di UBS, Credit Suisse, ZKB ecc, non è che metti i soldi in BTP o bond greci, ma compri i Bund tedeschi (nonostante l'odio svizzero verso i teutonici). Bene. Per un po' va bene, ma poi come dice Phastidio il rendimento dei Bund scende e si alza lo spread verso i periferici: perché?
 
Perché la domanda svizzera di Bund fa aumentare il prezzo e quindi diminuire il rendimento (per le obbligazioni/bond c'è una relazione inversa tra prezzo e rendimento). Gli altri paesi non "subiscono" questo eccesso di domanda e il loro rendimento resta invariato (cioè cambia in relazione al cambiamento di umore dei trader...). Cosa succede? Succede che per la domanda svizzera e l'effetto "fly to quality" (i trader [il mercato] vedono i rendimenti del Bund scendere e lo spread con gli altri salire. Cosa fanno? Seguono. Tutti a comprare Bund fino a che il rendimento sul Bund a 2 anni diventa negativo (qualche settimane fa). Cioè la gente preferisce dare 101 eur alla Bundesbank per riceverne 100 fra 2 anni.
 
A questo punto anche la SNB si dice "e che siamo scemi?". Beh, un pochino sì. Allora si mettono a diversificare e comprare bond francesi che rendono di più dei tedeschi e così fanno scendere lo spread tra Francia e Germania. Probabilmente hanno comprato anche NL, Finland, Austria, ma sono paesi più piccoli con meno bond in circolazione. Ma poi anche l'effetto sulla Francia si fa sentire, col mercato che si domanda "ma perché la Francia che ha appena eletto un comunista e ha una posizione fiscale più simile all'Italia che alla Germania ha uno spread così basso?". Allora la SNB cerca alternative.
 
Dato che il CHF è fissato verso l'EUR, compra AUD o SEK vendendo EUR e non influenza direttamente il cambio EURCHF. Così con AUD e SEK compra bond emessi da quei paesi, dato che sono tra i pochi paesi ad avere un rating immacolato: AAA. Tutti questi movimenti "innaturali" provocano le distorsioni segnalate da Phastidio.
 
Non è che Australia o Svezia comprano EUR, ma sono gli operatori del mercato (banche, assicurazioni, fondi pensione etc..) che hanno venduto alla SNB AUD e SEK contro EUR "sballando" i cambi e poi la SNB con AUD e SEK ha comprato i bond. Cioè Svezia e Australia semplicemente vendono i loro bond per AUD e SEK, non "vedono" i movimenti dietro, quindi non c'entra la simpatia (che sicuramente hanno) per la Svizzera.
 
Il mercato valutario è il mercato più liquido del pianeta, le valute si scambiano 24/7. Poi il cambio dell'Euro non è che ha subito grossi scossoni durante la crisi, perché i due più liquidi (USD e GBP) hanno comunque problemi simili. La vera pressione è sui bond periferici (PIIGS), perché per i bond si può differenziare tra emittenti, ma l'EURO come valuta è una sola e dietro c'è la Bundesbank - cioè il mercato crede che sopravvive anche sei i PIIGS escono.
 
La "patata bollente" dell'Eur (stimata in 80 miliardi) resta quindi alla SNB, gli acquisti di AUD e SEK sono probabilmente piccoli, ma data la dimensione di quei mercati ha comunque un effetto distorsivo.
 
 * In realtà, guardando il bollettino statistico della SNB, non c'è un aumento significativo delle banconote in circolazione. 

Gli attivi (investimenti) sono (in CHF):

Oro 53mld (+3 mld da giugno a luglio)
Investimenti in valuta estera 409mld (+152mld da fine 2011)
Altro circa 20 mld
Totale 482 mld
 
Le passività (finanziamenti):
Banconote 55mld
Depositi delle banche domestiche 276mld (+94 mld da fine 2011)
Debiti verso la Confederazione 10mld
Depositi delle banche straniere 8mld
Altri debiti 60mld (+32mld da fine 2011)
Capitale 67 mld (+14mld da fine 2011)
Altro
Totale 482 mld
 
Nel bollettino ci sono tanti dati, tanti numeri. Uno significativo è il dettaglio delle banconote in circolazione per taglio. come scritto sopra ci sono 55mld di banconote in circolazione. Vediamo:
10chf =      696
20chf =   1,552
50chf =   2,263
100chf = 9,533
200chf = 7,753
500chf =    116
1000chf= 33,201 (!)
 
Cioè il 60% delle banconote in circolazione è in comode banconote da 1,000 franchi (circa 833 euri). Ok che la vita è cara in Svizzera, ma non è che per fare la spesa o per pagare un giro al bar serve un papiro da 1000 franchi. Chissà chi le usa...
Comunque le banconote elvetiche sono bellissime, sembrano prese dal monopoli (in ordine un po' sparso che non ho voglia di riordinare):
 
 











 
 
Quelle da 500 qui sopra sono della 7 serie uscita negli anni 80, mentre sembra che negli anni 90 con la serie 8 non l'hanno più stampata. Forse si sono accorti che tirava più quella da 1000.
 

lunedì 24 settembre 2012

Mele e pere

Vedo la gente - anzi GGENTE - che fa la fila per il nuovo ifono e mi viene voglia di prenderli a calci in culo e mandarli a lavorare. In miniera. Come quando ero a Praga ed era appena morto Jobs e passando davanti ad un MelaNegozio vedo che gli idioti avevano deposto fiori e lumini. Vabbé, è la GGENTE, mi dissi e me lo ripeto (snobismo di sinistra).

Poi su sul blog del Butta uno commenta dicendo che sono pagati da Apple per far la fila. Ha senso, in effetti. Si crea un prodotto, lo si fa adorare alla gente e diventa una specie di ossessione senza senso, ma per far ciò ci deve essere uno che inizia, quindi si paga dei figuranti per stare in fila e la GGENTE accorrerà felice. C'è gente che aspetta, quindi mi metto in fila anch'io. Il solito discorso: "miliardi di mosche non possono sbagliare: mangiate merda".



Come la tipa bionda in questo filmato. Subito all'inizio dice:

"Everybody wants the new version of iPhone, SO we are wainting in line". Vedetevelo.




Ma visto il titolo che mi è venuto, non restiamo sulle mele, ma parliamo anche di pere: la Minetti. Sembra che la pettoruta giovane sia ancora alla ricerca del suo scopo nella vita. Prima igienista orale, poi politica, quindi (o contemporaneamente - gran stakanovista!) organizzatrice di eleganti cene "burlesque". Ora sfila in mutande. Un consiglio cara Nicole, se leggi queste pagine (e sono sicuro che lo fai), chiama Schicchi. Uno che sa valorizzare valenti artisti: una delle sue scoperte è finita in parlamento.





Parlando di politica, vedo che la Polverini si è dimessa per il puttanaio che è venuto fuori a Roma. Bene.


Sarebbe un atto dovuto, per decenza. Apro il Corriere e chi viene fuori? Il D'Alema con la frase "Le dimissioni della Polverini vittoria dell'opposizione". Questa non l'ho capita. Cosa faceva l'opposizione? Dal poco che ho letto mi pare che chiudeva un occhio e mi sa che partecipava pure alle feste (sì, sono GGENTE ank'io! FAI GIRAREEE!!!1!!)





domenica 23 settembre 2012

Taleb on Taxes

Pubblico una roba di Taleb che ha scritto oggi su FB sulle tasse, in particolare il divario tra tassazione del lavoro e del capitale. Non so se lo fa apposta, ma non cita la mobilità del capitale, argomento spesso usato dagli economisti per spiegare la ingiusta differenza. Ma essendo egli ben più intelligente del sottoscritto, penso che parli solo di teoria astratta. Chissà... intanto fa sempre bene leggere cose Talebiane. 

Tra poco uscirà il suo nuovo libro sulla "fragilità" dei sistemi. Sono proprio curioso di leggerlo. 

ANY ECONOMIST IN THE ROOM? ANY ARGUMENT FOR THE DIFFERENTIAL OTHER THAN INFLATION?

I would like to see implemented a decrease in the difference in tax rates between capital gains and current income. Such a difference in taxation is based on a misperception of the following property of randomness in life. Skills coupled with hard work provide their fellow with a large BMW with small variance; but it takes skills, plus hard work, plus a huge amount of luck to get a private plane. By the mathematics of large deviations, extreme variations are more likely to be attributable to variance (read "luck") than expected drift (read "skills"). This has been exacerbated by winner-take-all effects as these are coming planetary: consider the Google or Apple effects: he who wins now gets the entire planet.
Now, the tax treatment in Europe and the United States is such that those working hard and getting current income, with the type of performance that leads to a BMW, will be paying full income tax; whereas the share coming largely from speculation (and chance), the net difference between the BMW and the private jet, will benefit from the considerably lower capital gains treatment.

Not only such a system is absurd, designed in days when performance in life was thought to be entirely linked to skills and analyses made no allowance for randomness (let alone fat tails), but it has other fundamental flaws. It is highly unfair, increasing inequality in society. The one percent of the one percent did not get there because of cash flow, rather through capital gains. Measures of inequality in wealth are much greater than inequality in income.
Most of all, the taxation gap leads to the overfinancialization of the system, the kind of disease that got us into the current troubles. And it can be gamed, in addition, to generating investment banker fees. Capital gains should ultimately match a stream of income. Say a hard-working fellow opens a bakery, producing great tasting croissants and baguettes that attract the local espresso-drinking and Volvo-driving crowd. If successful, he can earn a steady cash flow over the next decade or so, and pay full income tax. But should he package his business as a financial asset and sell it as such, he would be able to cash-in and pay the lower capital gains tax on the very same cash flow. The taxation difference leads to pathologies of serial entrepreneurs having derived their wealth from promiscuously selling companies to other people, with many of these businesses have never made any income. And, what's more unfair, the individual investor does not have the same tax advantage from speculative activities: in the U.S., gains for individuals are taxable but losses are not easily deductible, making it a statistical loser for nonprofessionals. Even more absurd, dividend income has an unfavorable treatment compared to capital gains when the source is supposed to be the very same company. For a Martian or someone from the outside, this looks like a conspiracy in favor of speculative income and against current income; in favor of packaging companies for trading and against operating them.

This wish is politically neutral: it is not meant to increase or decrease the overall level of taxes, simply switch the burden around (this author happens to be a supporter of limited government). The typical argument behind the gap in taxation is that such a treatment meant to encourage investments; one can flip it around and show that it encourages speculation and securitization, as well as window dressing. The only credible argument in favor of the differential concerns inflation, and there is such a thing as inflation correction (i.e., adjust the capital gains tax by an inflation factor: someone selling a property after forty years should not pay the same tax as one selling it after two years).

Finally, by a more involved argument, the taxation differential leads to an increase in fragility, owing to the reliance of the economy on volatile tradable financial assets.

La termodinamica contro

Oggi mi sono imbattuto in un altro interessante blog: Il Movimento dei Caproni. Come si intuisce c'è un velato riferimento al Movimento 5 Stelle da alcuni critici* chiamato Movimento 5 Stronzi.

Per le bufale generiche leggo Attivissimo, quelle economiche di solito mi sono abbastanza palesi nella loro idiozia, ma bisogna sempre perdere un po' di tempo per trovare le "prove". Perché l'economia è un po' incasinata, ma le stronzate enormi di norma si tradiscono da sole.




Esempio di stronzata: ripudiamo il debito. Grillo e altri superficiali populisti (chiamiamoli La Ggente?) parlando della crisi finanziaria hanno spesso proposto di ripudiare il debito (si chiama default) e hanno citato l'Ecuador e l'Argentina (del default argentino avevo discusso tempo fa con un anonimo commentatore) come esempi "virtuosi" dicendo in pratica "se lo fanno loro possiamo farlo anche noi. Fai girare!!!1!". Basterebbe considerare che è un po' fuorviante paragonare paesi totalmente diversi, ma si sa che è più facile accettare una stronzata semplice e piacevole che la dura e spiacevole realtà.

Il Movimento dei Caproni spiega bene sia il caso dell'Ecuador che dell'Argentina. Vi pregherei di leggerli prima di appoggiare delle stronzate da ggente o per contrastare la stupidità dilagante. Grazie.





* Autore della frase "Volete scegliere la via facile, quella che non costa nulla? Bene, non meravigliatevi se poi la termodinamica vi si ribalterà contro".

Buona domenica.

sabato 22 settembre 2012

Calexico

Venerdì sera i più fortunati potevano ascoltare le poesie di Drupi, mentre io mi sono dovuto accontentare dei Calexico che suonavano alla Casa del Popolo, che qui si chiama Volkshaus e non è proprio uguale alle case del popolo che frequentavo giù a casa.

Gran bel concerto, prima suonava una certa Laura Gibson che ha una splendida voce, poi la banda arizoniana ha fatto quasi 2 ore di show.

Durante il bis richiamano la Laura sul palco e fanno una dolcissima cover di Waiting for the Miracle di Leonard Cohen.






Alcune cose divertenti: quando, settimane fa, ho visto che venivano i Calexico ho chiesto ad un po' di gente se voleva venire e alla fine solo due amiche - chiamiamole Rwanda e Iran - si sono aggregate, mentre gli altri mi hanno detto "e chi cazzo sono i Calexico?". Anche Rwanda mi ha posto il medesimo quesito al che le ho detto che sono di Tucson, città dove ha vissuto per oltre 10 anni. Così chiede agli amici in loco e una sua amica è amica del batterista che la mette sulla guestlist.

Prima del concerto prendiamo un aperitivo e poi andiamo a recuperare il biglietto agratis (io e Iran li avevamo già comprati in prevendita). Vedo che Rwanda discute per un po' con la tipa allo sportello, poi torna ridendo con 2 biglietti. Avevano scritto il nome sbagliato: dato che ha un cognome lunghissimo lo hanno separato e pensavano fosse due persone. Quindi che fare? Lei va alla cassa e regala il biglietto ad una tipa che stava per comprarlo. Questa resta ovviamente basita - in Svizzera non si regala niente, probabilmente è offensivo - lo mostra all'amica che la stava aspettando e poi torna alla biglietteria per chiedere se il biglietto era vero. Malfidati.

Alla fine del concerto Rwanda voleva ringraziare il batterista e dato che era nella guestlist poteva anche farsi annunciare per andare nel backstage. Ci andiamo tutti e tre e chiacchieriamo per qualche minuto con il cantante e il batterista. Molto simpatici e veramente alla buona. Bravi muli.



Hanno appena pubblicato un nuovo album, Algiers, compratelo, ascoltatelo.

giovedì 20 settembre 2012

TOGA! TOGA!! TOGA!!!1!!!

Alcuni di voi, quelli più vicino alla GGENTE che leggono i papiri della GGENTE tipo Repubblica, avranno seguito le polemiche per le feste di un onorevole personaggio. Le feste erano in costume.

In TOGA!

Fantastico.



Non capisco perché i professoroni di sinistra che infestano Repubblica si scandalizzano per questo genere di passatempi. I toga party vanno sempre bene.

Purtroppo ho il difetto di leggere qualche articolo di questo giornale caduto in disgrazia. Come discusso ieri su FB in Italia i giornalisti non ci sono più, sono spariti o sono venduti o si sono suicidati. Non mi spiegherei altrimenti questo paragrafo:

"Video e foto di questo ricevimento in costume che il festeggiato De Romanis, vestito da Ulisse, ha definito "sobrio e misurato", vanno molto al di là del cattivo gusto, del kitsch che in fondo è stato studiato da Gillo Dorfles come stile. Qui siamo nella pacchianeria grottesca e casuale, una vera sarabanda di puttanate, uno spettacolo di trivialità senza alcun nesso se si esclude l'idea che "semo romani" e dunque "semo pure greci". I grecoromani sono duemila, alcuni però vestiti da maiali
con le mani che acchiappano cosce mentre le "puellae" in tunica si leccano i musi e finalmente la scrofa prende il posto della lupa capitolina. Direbbe forse Marcuse che l'Ergon metafisico del generone romano ha la meglio anche sull'Eros romantico da ammucchiata."
Non sono riuscito ad andare oltre questo pezzo per la palese inutilità, ma l'articolo continua, se siete coraggiosi leggetelo. Francesco Merlo, complimenti.


martedì 18 settembre 2012

Marchionne

Ho letto con interesse l'intervista di Marchionne a Repubblica. Copio spudoratamente (in blu) parti dell'intervista, ma consiglio la lettura integrale. Ritengo l'intervista perfetta, chiara e (quasi) onesta.


La sua verità, allora?
"Semplice. La Fiat sta accumulando perdite per 700 milioni in Europa, e sta reggendo a questa perdita con i successi all'estero, Stati Uniti e Paesi emergenti. Queste sono le uniche due cose che contano. Se vogliamo confrontarci dobbiamo partire da qui: non si scappa". 
La paura è che stia scappando lei, dottor Marchionne. Bassi investimenti in Italia, zero prodotti nuovi. Non è così che muore un'azienda che ha più di cent'anni di vita?
"Mi risponda lei: se la sentirebbe di investire in un mercato tramortito dalla crisi, se avesse la certezza non soltanto di non guadagnare un euro ma addirittura  -  badi bene  -  di non recuperare i soldi investiti? Con nuovi modelli lanciati oggi spareremmo nell'acqua: un bel risultato. E questa sarebbe una strategia manageriale responsabile nei confronti dell'azienda, dei lavoratori, degli azionisti e del Paese? Non scherziamo".
Ma lei ha appena detto che Fabbrica Italia è superata. Questo significa che l'impegno di investire in quel progetto 20 miliardi non viene mantenuto. Non si sente in colpa?
"Quell'impegno era basato su cento cose, e la metà non ci sono più, per effetto della crisi. Lo capirebbe chiunque. Io allora puntavo su un mercato che reggeva, ed è crollato, su una riforma del mercato del lavoro, e ho più di 70 cause aperte dalla Fiom. Soprattutto, da allora ad oggi il mercato europeo ha perso due milioni di macchine. C'erano e non ci sono più. Tutto è cambiato, insomma. E io non sono capace di far finta di niente, magari per un quieto vivere che non mi interessa. Anche perché puoi nasconderli, ma i nodi prima o poi vengono al pettine. Ecco, siamo in quel momento. Io indico i nodi: parliamone".
E come vede l'anno prossimo?
"Male, molto male. D'altra parte la gente non ha più potere d'acquisto, magari ha perso il lavoro, i risparmi se ne sono andati, non ha prospettive per il futuro. Ci rendiamo conto? L'auto nuova è proprio l'ultima cosa, non ci pensano nemmeno, si tengono la vecchia ben stretta. È un meccanismo che si può capire ".
E l'Italia? Lei non può ignorarla.
"Ma lei non può pensare alla Fiat come a un'azienda soltanto italiana. Sarebbe in ritardo di dieci anni. La Fiat non è più un'azienda solo italiana, opera nel mondo, con le regole del mondo. Per essere chiari: se io sviluppo un'auto in America e poi la vendo in Europa guadagnandoci, per me è uguale, e deve essere uguale".
Se non fosse per quel problema della responsabilità nazionale, nei confronti del Paese e di chi lavora, non crede?
"E qui lei dovrebbe già aver capito la mia strategia. Gliela dico in una formula: cerco di assecondare la ripresa del mercato Usa sfruttandola al massimo per acquisire quella sicurezza finanziaria che mi consenta di proteggere la presenza Fiat in Italia e in Europa in questo momento drammatico. Fare diversamente, sarebbe una follia".
Come spiega agli americani il successo a Detroit e il disastro a Torino?
"Quando spiego, loro fanno due conti e mi dicono cosa farebbero: chiusura di due stabilimenti per togliere sovracapacità dal sistema europeo".
E lei?

"I conti li so fare anch'io. Se mi comporto diversamente, ci sarà una ragione".
Cosa vuol dire?

"Che non parlo di eccedenze, non parlo di chiusure, dico solo che non c'è mercato per fare attività commerciale garantendo continuità finanziaria all'azienda".
E quando vede un cambio di mercato?
"Fino al 2014 non vedo niente. Per questo investire nel 2012 sarebbe micidiale. Salvo che qualcuno mi dica che per noi le regole non valgono. Ma deve mettermelo per scritto. Perché quando siamo entrati in Europa, non sono solo saltate le frontiere, è saltata anche l'abitudine di fare un po' di svalutazione nei momenti di crisi. Ora questo lusso non c'è più, e finché Monti e Draghi hanno le mani sul timone, per fortuna dall'euro non usciremo. E allora, dobbiamo rispettare le regole".
Lei dunque s'impegna?
"Mi impegno, ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia. Io la mia parte la faccio, non sono parole. Quest'anno la Fiat guadagnerà più di 3 miliardi e mezzo a livello operativo, tutti da fuori Italia, netti di quasi 700 milioni che perderà nel nostro Paese. È la prova di quel che le ho detto".
Col sindacato sì, sembra aver dichiarato una guerra ideologica alla Fiom, da anni Sessanta.
"Storie. Io voglio una riforma del lavoro, che ci porti al passo degli altri Paesi. Se la Fiat vuole essere partner di Chrysler, deve essere affidabile. Lo so che la Fiat di Valletta aveva asili e colonie, ma si muoveva in un mondo protetto dalla competizione, dazi e confini, che sono tutti saltati. Noi siamo in ballo, il gran ballo della globalizzazione: non è detto che mi piaccia ma come dicono in America il dentifricio è fuori, e rimetterlo nel tubetto non si può più".
Ma lei si rende conto che il lavoro oggi è il primo problema del-l'Italia?
"Sì, da qui la mia responsabilità nei confronti del Paese, che va di pari passo con quella nei confronti dei miei azionisti. Ma "repubblica fondata sul lavoro" vuol dire anche essere competitivi, creare occupazione attraverso sfide e competizioni. Questa cultura da noi manca".

In sintesi cosa dice? "Guadagno in USA e mercati emergenti, l'Europa è un bagno di sangue, ma nonostante le perdite non chiudo (per ora) altri stabilimenti. Col cazzo che investo 20 miliardi in Italia come ho detto tempo fa (vedere sotto Phastidio). Il mercato del lavoro in Italia deve cambiare per essere almeno comparabile al resto del mondo o almeno all'Europa. Responsabilità verso il Paese? Col piffero, io rispondo agli azionisti. Se ascoltassi gli inviti ad investire in Italia e proporre nuovi modelli, FIAT fallisce o prima mi licenziano. Inculatevi"


L'ottimo Mario sotto nome di Phastidio recentemente ha commentato con la consueta lucidità sul progetto Fabbrica Italia -  copio integralmente (in un bel rosso corsivo) il post così non dovete neanche cliccare sul link, pigroni:

Si, lo sappiamo, i piani industriali sono per definizione caratterizzati da elevata incertezza di esecuzione, motivo per cui analizzare oggi un piano industriale annunciato per la prima volta tre anni fa ha poco senso, soprattutto alla luce degli sconvolgimenti in atto in Europa. Eppure.
Eppure, potremmo incasellare questo esito in una sequenza interpretativa ad alto tasso di verosimiglianza. Ad esempio:
  1. Sergio Marchionne è consapevole da sempre, e mai ne ha fatto mistero, che in Europa esiste una pesantissima sovracapacità produttiva nel settore auto e che di conseguenza, a meno di un boom (assai poco probabile anche prima dell’inizio della crisi), si sarebbe giunti al redde rationem;
  2. Consapevole di questa enorme Spada di Damocle ma essendo persona assai ambiziosa e “visionaria”, Marchionne si è inventato Fabbrica Italia come espediente retorico-ideologico o, se volete, come strategia di comunicazione politica, e non necessariamente industriale. Nel senso che si annuncia l”‘evento epocale” ma non se ne comunicano i dettagli operativi, neppure quelli di larga massima, per avere un enorme ballon d’essai col quale disarticolare il sistema della rappresentanza. Non solo quella nei luoghi di lavoro, ma anche quella interna al sempre più traballante e sclerotizzato sindacato degli imprenditori;
  3. Si coagula attorno a questo progetto “ideologico” una parte di opinione pubblica, quella più insofferente alla mitologia del pansindacalismo (che non esiste più, ma spesso questo settore di opinione pubblica non lo sa, avendo scarsa conoscenza effettiva dello stato delle relazioni industriali) ed intimamente convinta che la modernizzazione produttiva debba passare necessariamente per la sconfitta ideologica del “nemico”, e nel frattempo si scuote dalle fondamenta Confindustria, spesso così incendiaria nei convegni e così conservatrice negli accordi contrattuali. Marchionne, in questo modo, cerca di passare alla storia come una sorta di Thatcher italiano, l’uomo che ha cambiato il volto delle relazioni industriali, ma in cuor suo sa perfettamente quale sarà l’esito ultimo: il disimpegno dall’Italia;
  4. Nel frattempo, si utilizza al massimo grado il leverage che deriva dall’aver acquisito il terzo marchio automobilistico statunitense al punto di minimo (un default con ristrutturazione e ponti d’oro da parte dell’Amministrazione di Washington e dal sindacato), per puntare decisamente a crearsi una exit strategy da un paese morente;
  5. Al verificarsi del worst case scenario (crisi profonda di settore e avvio ineluttabile del processo di downsizing) si allargano le braccia e si dichiara che “Fabbrica Italia” è morta senza mai aver visto la luce.
Sia chiaro: Fiat ha tutte le ragioni industriali per procedere ad un ridimensionamento, ieri (Termini Imerese) come oggi e domani. Allo stesso modo in cui è difficile non osservare che, Chrysler a parte, la società non appare così strategicamente tonica come invece viene presentata da una certa pubblicistica acritica, che ha scambiato Marchionne per l’uomo che, pur costruendo auto, farà arrivare i treni in orario. Alfa Romeo resta un’incompiuta, per la quale (a intervalli regolari) si vaticinano epocali conquiste dei mercati di oltreoceano e dell’Estremo Oriente; la penetrazione in Cina resta nulla, in Russia la situazione appare molto simile e la quota di mercato europea è in continuo ripiegamento nella perdurante assenza di nuovi modelli, circostanza che differenzia senza se e senza ma il costruttore italiano dai propri concorrenti. Difficile incolpare anche di questo le riottose (o presunte tali) maestranze.
Che fare, quindi? Poco e nulla, al momento. Sul più lungo periodo il governo e la politica potrebbero lavorare alla creazione di condizioni favorevoli per consentire lo stabilimento in Italia anche di altri costruttori ma sarà terribilmente difficile, visto che l’habitat economico, legale ed istituzionale del paese paiono ostili a simili insediamenti. A meno di attendere l’inevitabile impoverimento del paese, che porterà con sé anche un aumento di appetibilità all’insediamento industriale, causa fame (non necessariamente in senso metaforico). Ma solo se nel frattempo saremo riusciti a sfuggire al caos e ad una disperata anarchia. 

Chiarissimo, no? E coerente con l'intervista (quasi) onesta di Marchionne. 




Per aggiungere un po' di ulteriore colore copio il commento sul tema FIAT del terribile Paolo Ferrero che ha scritto questa allucinazione (in un bel colore marrone-merda):
 
FIAT - 30 ANNI FA ROMITI MI HA MESSO IN CIG MA ORA HA RAGIONE LUI. MARCHIONNE CHIUDE, OCCORRE NAZIONALIZZARE
Trenta anni fa ero un giovane operaio della Fiat e Cesare Romiti mi buttò in Cassa integrazione a zero ore insieme a decine di migliaia di altri operai. Oggi, a distanza di 30 anni, Romiti critica Marchionne per il disimpegno Fiat in Italia. Condivido le parole di Romiti e - vista la font
e – segnalano che il manager in maglioncino si è spinto molto avanti nella distruzione della Fiat. Per questo Rifondazione Comunista ritiene necessario l’intervento pubblico e la nazionalizzazione nel caso in cui la Fiat dovesse arrivare alla chiusura di un altro stabilimento. Non si può assistere alla distruzione della Fiat pezzo dopo pezzo.


Ora, il comunismo è bello, il socialismo stupendo, ma caro Paolo, sei un po' fuori tempo e fuori luogo. Immaginiamo che Monti improvvisamente venga convinto da Bertinotti a nazionalizzare la FIAT. Il buon Monti a cui il famigerato mercato piace cosa farebbe? Beh, lancerebbe un'OPA sulla FIAT che capitalizza 6 miliardi di euro e qualche spicciolo. Di norma si offre un premio sul valore di mercato, mettiamo un equo 30% e siamo sui 8 miliardi. Mhhh. Bello. Dove trova i soldi? Beh, dato che sarebbe lo Stato a comprarla ha due possibilità: tasse o debito. Ottimo. Poi? Beh, si silura Marchionne che ha di fatto salvato la FIAT dopo una serie di CEO che si sono succeduti uno ogni anno - tipo i governi italiani fino agli anni 90 - e ha salvato la Chrysler che era fallita (seriamente, era in Chapter 11) e si nomina qualche bravo burocrate col compito ti mantenere posti di lavoro in Italia. Risultato? Immagino qualcosa come l'Alitalia prima di essere data in pasto agli "imprenditori corraggiosi" selezionati da Silvio trasferendo i debiti allo Stato.
Altra ipotesi è che semplicemente si nazionalizzi l'azienda. Si dice "è mia!". Bellissimo. Poi gli investimenti stranieri in quanti secondi escono dalle aziende e dai bond italiani? Qualche minuto? 

Bravo Ferrero, mi fai sempre ridere. In realtà mi fa incazzare come un ape, perché invece di sparare cazzate irrealizzabili potrebbe dire qualcosa di intelligente, di sinistra, ma intelligente. Invece no, o per imbecillità o per malafede spara questi annunci per procurarsi un po' di "like" su Facebook. 

Sto diventando sempre più anarcoindividualista della corrente Nutella.







PS: Phastidio ne ha parlato alla radio il 17 settembre. Ascoltatevelo che io non ho tempo.

PS_2: anche Travaglio ne scrisse oggi:


C’è un che di irresistibile nel dialogo (si fa per dire) a distanza fra il duro Sergio Marchionne e gli omuncoli gelatinosi del governo, dei partiti e dei sindacati moderati (Cisl e Uil). Lui, il duro che non deve chiedere mai perché viene ubbidito prim’ancora che dia gli ordini, annuncia che dei 20 miliardi di investimenti promessi, col contorno di 1 milione e 400 mila auto e altre supercazzole che potevano essere credute solo in Italia, non se ne fa più nulla. Perché? Perché no. E gli impavidi ministri, sindacalisti e politici che fanno? Gli chiedono di “chiarire”. I più temerari aggiungono “subito”, ma sottovoce, vedimai che s’incazzi e li prenda a sberle. Ora, tutto si può rimproverare a questo finanziere scambiato per un genio dell’automobile, tranne la carenza di chiarezza: è dal 2004 che dice ai quattro venti che dell’Italia non ne vuole sapere, molto meglio i paesi dell’Est, dove la gente lavora per un tozzo di pane e non chiede diritti sindacali perché non sa cosa siano, e gli Usa dove Obama paga e Fiat-Chrysler incassa.
Ma quelli niente, fingono di non capire, chiedono chiarimenti, approfondimenti, spiegazioni, aprono tavoli, propongono patti, invocano negoziati, lanciano penultimatum, attendono il messia dei “nuovi modelli” naturalmente mai pervenuti. Ma in quale lingua glielo deve spiegare, Marchionne, che dell’Italia e dell’auto con bandierina tricolore non gliene frega niente? In sanscrito? Sentite Passera: “Voglio capire meglio le implicazioni delle sue dichiarazioni”. Un disegno di Altan potrebbe bastare. Sentite la Fornero, quella col codice a barre in fronte: “Non ho il potere di convocare l’amministratore delegato di una grande azienda” (solo quello di entrare con la scorta armata ai gran premi di F1), però vorrebbe “approfondire con Marchionne cosa ha in mente per i suoi piani di investimento per l’occupazione”. Ma benedetta donna: niente ha in mente, te l’ha già detto in musica, che altro deve fare per cacciartelo in testa? Infilare l’ombrello nel coso di Cipputi? Sentite Fassino: “L’ho sentito, mi ha dato rassicurazioni”. Ci parla lui. Sentite Bonanni, quello con la faccia da Bonanni che firmò tremante gli accordi-capestro a Pomigliano e Mirafiori: “Marchionne ci convochi subito e chiarisca se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato o no”. Ma certo: i 20 miliardi li tiene lì sotto il materasso in attesa che la gente si compri tre Cinquecento e quattro Duna a testa, poi oplà, li sgancia sull’unghia per la bella faccia di Bonanni.
Ma che deve fare quel sant’uomo per far capire che i 20 miliardi non esistono e ha preso tutti per i fondelli? Fargli una pernacchia sarebbe un’idea, ma poi quelli replicherebbero: “Vorremmo capire meglio il significato profondo del gesto, Marchionne apra al più presto un tavolo per fornirci le necessarie e ineludibili delucidazioni atte a chiarire il senso recondito, anche tra le righe, della pernacchia”. Se non ci fossero di mezzo decine di migliaia di famiglie, ci sarebbe da scompisciarsi per queste scenette da commediola anni 80, dove il marito trova la moglie a letto con un altro e la interroga tutto compunto: “Cara, esigo un chiarimento sulla scena cui ho testè assistito”. O da film di Fantozzi. La sua Bianchina, con a bordo la signorina Silvani, viene affiancata dall’auto di tre energumeni che afferrano un orecchio del ragioniere. La Silvani li insulta. Quelli estraggono dall’auto Fantozzi a forza e lo massacrano di botte, mentre lui li apostrofa con fierezza: “Badi come parla!”. Pugno in faccia. “Vorrei un momento parlamentare con voi”. Setto nasale. “Lo ridichi, se ha il coraggio”. Spiaccicato sul tettuccio. “Badi che se osa ancora alzare la voce con me…”. Giacca squarciata. “Bene, mi sembra che abbiamo chiarito tutto, allora io andrei…”. Lo finiscono a calci e lo lanciano come ariete nel parabrezza. Ora Fantozzi fa il ministro tecnico e il sindacalista moderato. Tanto le botte le prendono i lavoratori.
Il Fatto Quotidiano, 19 settembre 2012

domenica 16 settembre 2012

Vstala Primorska





Tempo fa mi è stato chiesta una canzone particolarmente importante per la minoranza slovena in Italia. Mi è venuta subito in mente Vstala Primorska - le canzoni partigiane vanno sempre bene.

L'autore della domanda trasmetterà la canzone a Radio Stadtfilter durante la quarta puntata di "Frammenti di un discorso politico". Potete ascoltarlo a gratis via intérnet! Quando vi ricapita l'occasione di sentire Vstala Primorska su una radio svizzera?

Frammenti di un discorso politico a Radio Stadtfilter (4. Puntata) 
È ancora possibile associare politica e passione?
Di questi tempi la risposta sembrerebbe essere obbligatoriamente negativa ma c’è chi non rinuncia a crederci e continua a sostenere una battaglia, non contro la politica, ma per un'altra politica, a servizio delle persone, dei cittadini. La politica, intesa in un'accezione molto ampia e variegata, ha riempito in molti momenti della Storia il cuore delle persone, le ha spinte anche a compiere azioni generose, ha contribuito a un mondo migliore. Steve della Mora e Mattia Lento (Fabbrica di Nichi di Zurigo), ospiti di Radio Stadtfilter, in stretta collaborazione con la conduttrice della trasmissione italiana Le cose belle della vita Simona Migliorini e con il supporto tecnico di Giusto Aurora, presentano Frammenti di un discorso politico, libera rilettura di Frammenti di un discorso amoroso dell’intellettuale francese Roland Barthes. Dopo le puntate di giugno, luglio e agosto, mercoledì 19 settembre dalle 17:00 alle 18:00 si replica con il quarto appuntamento anche in streaming cliccando sul pulsante LIVE-STREAM del sito internet di Radio Stadtfilter.







PS: la mia ignoranza non ha limiti, ho pure sbagliato il titolo della canzone... in realtà è "Vstajenje Primorske", qui sotto il testo

VSTAJENJE PRIMORSKE

Nekdaj z bolestjo smo v sebe zaprli
svoje ponižanje, svoje gorje,
krik maščevanja na ustnih zatrli,
ga zakopali globoko v srce.
Toda glej, planil vihar je presilen,
kot pajčevine raztrgal okov,
šinil je zopet žar novega dneva,
tja do poslednjih primorskih domov.

Strojnice svojo so pesem zapele,
zrak je pretreslo grmenje topov,
širne poljane so v ognju vzplamtele,
klic je svobode vstal sredi gozdov.

Vstala Primorska si v novo življenje,
z dvignjeno glavo korakaj v nov čas!
V borbah, ponižanju, zmagah, trpljenju
našla si končno svoj pravi obraz.

sabato 15 settembre 2012

Powerful!

Ieri dopo aver finito di lavorare in un bar clandestino/autogestito - su questo arriverà un successivo post specifico più tardi o nel prossimo futuro remoto - sono finito in un postaccio dove c'era una festa di compleanno di gente sconosciuta (solite cose, conoscenti di amici di amici).

Entrando salutiamo un tizio che ci fa "yeah, great party, they have POWERFUL drinks!"

Ordunque mi fiondo al banco e cosa ti vedo? Sulla lista delle bevande appare aggiunto a mano il caro vecchio Braulio! Ogni volta che vedo il Braulio il mio fegato pensa a Savo, il Sommo Dispensatore di Alcolici.




Finito il digestivo torno a visitare le bariste. Ordino un rumcola con un po' di melanconia pensando alle dosi saviane, ma la barista mi sorprende. Intanto ha preso un Havana 7 e partiamo bene.

Nei bar locali usano sempre il misurino per i cocktail. In questo posto anche. Guardo la mescita e la tipa versa un misurino traboccante, ne versa un secondo e continua a versare rum. Brava. Poi aggiunge un'imitazione di coca cola. Il grado alcolico della bevanda era più vicino a quello del rum che a quello della coca cola. Cocktail spartano - nessuna fettina di limone, no cannuccia e avevano finito il ghiaccio, quindi era vagamente tiepido, quasi imbevibile. Comunque aveva ragione il tizio, era powerful.