Svariati anni fa ho letto su L'Espresso un articolo sulla lettura in Italia e sono rimasto basito.
Basito, perché dicevano che in Italia si considera un lettore "forte" chi legge 5 o più libri all'anno. Mi è venuto in mente leggendo il testo che copio in fondo, opera di Tic, il miglior blogger di Monfalcone che non blogga più tanto, ma è attivo su FB.
Lungi da me dire che chi legge non è ignorante o il contrario.
Lungi da me dire che chi legge non è ignorante o il contrario.
Però. Direi che leggere sia più un sintomo che la causa, anche perché leggere Moccia forse non aiuta molto a capire meglio cosa succede intorno a te (a parte il fenomeno dei lucchetti sui ponti), però una letta a Ionesco di questi tempi potrebbe essere utile.
"It's not a certain society that seems ridiculous to me, it's mankind"
Il testo di Tic di cui parlavo prima è questo:
Quando, nel lontano 1994, cominciai a far politica
attiva in un partito che adesso non esiste più – si chiamava Pds – ci
fu chi, tra i miei nuovi compagni di strada e di lotta (vabbé, insomma...),
tutti ex piccisti, si prese la briga di spiegarmi (e cercò di farmelo capire
bene, molto bene) che, se avessi davvero voluto giocare a fare il politico
de sinistra, avrei dovuto prima comprendere al meglio quali fossero i limiti
del campo di gioco.
Ora, a beneficio di qualche giovane che magari vorrebbe giocare a fare un po' il politico de sinistra (esattamente come capitò a me nel lontano 1994), provo io a spiegare – oggi; qui; Itally - quali sono, più o meno, i limiti del campo di gioco.
Anzi, meglio: del fottuto campo di gioco.
Dunque.
Prendendo come riferimento la fascia di età tra i 15 e i 64 anni, cioè i cittadini italiani considerati attivi, secondo il censimento del 2001, gli analfabeti sono 362mila, gli alfabeti privi di titoli di studio sono 768mila, le persone che vantano solo la licenza elementare sono 6 milioni e mezzo.
Nel totale, circa il 20 per cento della popolazione italiana è GRAVEMENTE CARENTE quanto al possesso degli strumenti culturali di base.
Tutto qua? Ma no di certo... Alla sfera che gli anglosassoni chiamano 'illiteracy' devono essere aggiunti coloro i quali – pur avendo percorso un iter scolastico regolare – rivelano una capacità limitata o limitatissima di usare la scrittura e la lettura e di comporre e comprendere testi semplici.
Tale analfabetismo funzionale (che ha a che fare pure con l'incapacità, totale o parziale, di comprendere semplici grafici e tabelle di calcolo) non è facilmente quantificabile, anche se l'Ocse ci ha provato. C'è un rapporto, denominato All (Adult Literacy and Lifeskills), in cui si sostiene che in Italia il 46 per cento della popolazione tra i 16 e i 65 anni si trova al livello 1 della scala di “prose literacy” (comprensione di un testo in prosa) e il livello 1 è roba da disastro à la Fukushima, per capirci...
Nel libro intervista con Francesco Erbani, La cultura degli italiani, Tullio De Mauro ha citato un'indagine del Cede, l'istituto che dovrebbe valutare il sistema nazionale dell'istruzione: “Più di 2 milioni di adulti sono analfabeti completi, quasi 15 milioni sono semianalfabeti, altri 15 milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione e comunque sono ai margini inferiori delle capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa e che voglia non solo dirsi, ma essere democratica”.
Insomma, quasi il 70 per cento degli italiani non possiede le competenze “per orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana”.
Là.
Fine della prima lezione.
In poche parole in base a questa definizione il 70% degli italiani è ignorante. Ovviamente disponendo di mezzi adeguati si può facilmente sfruttare questa "caratteristica" e uno potrebbe chiedersi se la democrazia può funzionare con questi presupposti. E che famo? La dittatura? Purtroppo anche la dittatura non ha un track record invidiabile che, se ti va di culo, ti ritrovi un re tipo Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, ma se ti va di merda il destino cinico e baro ti rifila un Kim Jong-un.
Il problema della dittatura è che risulta un po' cazzuto liberarsi del dittatore quando questi sbarella. Di solito serve una guerra, un'invasione o la simpatica signora con la falce.
Invece in una democrazia compiuta con il voto si possono cambiare le cose. Sempre che la maggioranza degli elettori sia in grado di orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana. Altrimenti ti vota pure per Kim Jong-un o peggio.
Ora, a beneficio di qualche giovane che magari vorrebbe giocare a fare un po' il politico de sinistra (esattamente come capitò a me nel lontano 1994), provo io a spiegare – oggi; qui; Itally - quali sono, più o meno, i limiti del campo di gioco.
Anzi, meglio: del fottuto campo di gioco.
Dunque.
Prendendo come riferimento la fascia di età tra i 15 e i 64 anni, cioè i cittadini italiani considerati attivi, secondo il censimento del 2001, gli analfabeti sono 362mila, gli alfabeti privi di titoli di studio sono 768mila, le persone che vantano solo la licenza elementare sono 6 milioni e mezzo.
Nel totale, circa il 20 per cento della popolazione italiana è GRAVEMENTE CARENTE quanto al possesso degli strumenti culturali di base.
Tutto qua? Ma no di certo... Alla sfera che gli anglosassoni chiamano 'illiteracy' devono essere aggiunti coloro i quali – pur avendo percorso un iter scolastico regolare – rivelano una capacità limitata o limitatissima di usare la scrittura e la lettura e di comporre e comprendere testi semplici.
Tale analfabetismo funzionale (che ha a che fare pure con l'incapacità, totale o parziale, di comprendere semplici grafici e tabelle di calcolo) non è facilmente quantificabile, anche se l'Ocse ci ha provato. C'è un rapporto, denominato All (Adult Literacy and Lifeskills), in cui si sostiene che in Italia il 46 per cento della popolazione tra i 16 e i 65 anni si trova al livello 1 della scala di “prose literacy” (comprensione di un testo in prosa) e il livello 1 è roba da disastro à la Fukushima, per capirci...
Nel libro intervista con Francesco Erbani, La cultura degli italiani, Tullio De Mauro ha citato un'indagine del Cede, l'istituto che dovrebbe valutare il sistema nazionale dell'istruzione: “Più di 2 milioni di adulti sono analfabeti completi, quasi 15 milioni sono semianalfabeti, altri 15 milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione e comunque sono ai margini inferiori delle capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa e che voglia non solo dirsi, ma essere democratica”.
Insomma, quasi il 70 per cento degli italiani non possiede le competenze “per orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana”.
Là.
Fine della prima lezione.
In poche parole in base a questa definizione il 70% degli italiani è ignorante. Ovviamente disponendo di mezzi adeguati si può facilmente sfruttare questa "caratteristica" e uno potrebbe chiedersi se la democrazia può funzionare con questi presupposti. E che famo? La dittatura? Purtroppo anche la dittatura non ha un track record invidiabile che, se ti va di culo, ti ritrovi un re tipo Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, ma se ti va di merda il destino cinico e baro ti rifila un Kim Jong-un.
Il problema della dittatura è che risulta un po' cazzuto liberarsi del dittatore quando questi sbarella. Di solito serve una guerra, un'invasione o la simpatica signora con la falce.
Invece in una democrazia compiuta con il voto si possono cambiare le cose. Sempre che la maggioranza degli elettori sia in grado di orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana. Altrimenti ti vota pure per Kim Jong-un o peggio.
Sì, compenso il 50% degli italiani vota sempre dalla stessa parte, quindi alla fine imbonitori o no Kim Jong non riesce a conquistare il Kamchatka
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