domenica 8 gennaio 2012

Roba da ricchi...

...tipo non pagare le tasse...

Da non-contribuente (non evasore, ma pago le tasse alla patria di Heidi) mi ha divertito non poco la polemica sull'ignobile imboscata dell'Agenzia delle Entrate ai poveri ricchi che vanno a Cortina. Qui un puntuale commento del solito Torquemda-Travaglio.

I commenti dalla destra berlusconiana, tipo dire che è odio verso i ricchi punire gli evasori, mi sono sembrati veramente esilaranti. Insuperabile la Santanché che si è beccata pure una multa al SUV.


Tuttavia anche a me sembra che la mossa sia più politica che altro, molto marketing e poca sostanza. Si voleva mostrare il pugno di ferro contro gli evasori - colpire uno per educarne cento, no? E può anche darsi che gli agenti delle entrate volevano farsi Capodanno a Cortina. Personalmente penso che ogni tipo di lotta all'evasione sia utile e che siano state molto più dannose le dichiarazioni (oltre che azioni) di Berlusconi a favore dell'evasione fiscale.



A proposito mi sono ricordato di aver scritto un articolo sulle tasse. Nel lontano 2007 quando stimolato dal compianto Luciano ho scritto con il CESSO qualche articolo per Konrad. L'ho trovato e riletto e non mi sembra male, quindi mi auto-cito.



W le tasse !
dal Konrad n. 125 - Aprile 2011 - pag. 9
02.04.2007


Petizione in Francia
a favore dell’imposizione fiscale
Il prossimo aprile i francesi andranno a votare per eleggere il loro nuovo Presidente della Repubblica. I principali candidati sono la socialista Ségolène Royal, Nicolas Sarkozy, esponente di centro destra e al centro la sorpresa François Bayrou.
Nei dibattiti pre-elettorali uno degli argomenti più interessanti nella sua tradizionalità sono le tasse, poiché in seguito alla promessa di Sarkozy di ridurle, il mensile Alternatives Economiques ha lanciato una petizione controcorrente che sottolinea il valore civile e sociale, nonchè i benefici economici di tassare i redditi e il passaggio intergenerazionale della ricchezza. I firmatari si dicono fieri di apportare il loro contributo alle spese pubbliche necessarie al progresso, alla coesione sociale e alla sicurezza della nazione, sottolineando che l’imposizione progressiva sulle successioni è un corollario indispensabile alla libertà economica offerta dall’economia di mercato, poiché la ricchezza deve essere conseguita tramite il lavoro, il talento e non per il semplice fatto di avere parenti ricchi, poiché la rendita tende solo a costruire una nuova aristocrazia basata sul capitale che spegne lo spirito imprenditoriale e rallenta la crescita. Infine, viene riconosciuto al mercato il ruolo di fattore di progresso che permette allo spirito d’impresa di esprimersi e di promuovere la crescita l’economica.
L’impostazione generale della petizione è pienamente condivisibile: le tasse sono necessarie per finanziare determinati servizi che il singolo non è in grado di procurarsi o che un’azienda privata (che agisce a scopo di lucro) non può e non vuole offrire. Servizi essenziali per la società come le opere pubbliche, l’educazione, la giustizia, la difesa, la sanità, la previdenza, la protezione dell’ambiente. Tuttavia la petizione ha una pecca di tipo teorico fondamentale. Nonostante il nome stesso della rivista promotrice si richiami ad alternative, in questa occasione ricalca molto il mainstream economico attuale: libero mercato, impresa, crescita.
Per tutti la crescita è un fatto positivo, tipico esempio è l’utilizzo della variazione del PIL come misura della ricchezza di un paese e della sua crescita, ma il PIL trascura determinati effetti come la distribuzione del reddito.
Inoltre non tiene conto di tanti fatti della vita, come il volontariato e tutte le attività senza scambio monetario, mentre computa eventi dannosi: si pensi che un ingorgo nel traffico determinando un incremento del consumo di benzina ha un effetto positivo sul PIL. Ma la critica principale è che non misura il benessere.
Si resta cosi ancorati al paradigma che la crescita equivale allo sviluppo secondo il dogma che attraverso la crescita economica si risolvono tutti i problemi. Lo sviluppo dovrebbe invece implicare un miglioramento in un certo senso olistico, un progresso economico, ma anche sociale e quindi identificabile come benessere e non ricchezza materiale assoluta.
Un altro fattore dimenticato è che la crescita senza limiti non è scientificamente possibile dato che le risorse del pianeta sono limitate. Senza questo limite la stessa professione economica sarebbe inutile, dato che una definizione solitamente accettata della scienza economica è: scienza che studia le modalità di allocazione di risorse limitate tra usi alternativi, al fine di massimizzare la propria soddisfazione.
Infatti la corsa alla crescita provoca crisi energetiche legate appunto alla scarsità di fonti energetiche e inquinamento con effetti in larga parte ancora ignoti e a lunghissimo termine. L’economicità e lo stimolo alla massima efficienza per massimizzare il profitto “costringono” le aziende a sfruttare in modo ottimale le risorse che sono il capitale ed il lavoro. Ma l’impiego ottimale di quest’ultima risorsa ha effetti anche sociali che, tramite il precariato, l’insicurezza, la carente assistenza sanitaria e previdenziale, provoca crisi sociali. Ricordiamo che in Italia muoiono ogni anno circa 1200 persone sul posto di lavoro; in Francia in uno stabilimento della Renault ci sono stati 3 suicidi negli ultimi 6 mesi sembra a causa delle condizioni di lavoro. Ma il lavoro dovrebbe essere gioia, felicità di fare ciò che si è appreso e non una situazione insostenibile da spingere a gesti estremi o un’occupazione mortalmente pericolosa, specie in alcuni settori.
L’attuale paradigma produttivo produce anche effetti culturali, dato che per vendere molto è necessario imporre determinati modelli culturali che spingono al consumo – il telefonino di ultima generazione, l’auto da 200 all’ora, i vestiti marchiati, occhiali da sole da mille euro, ecc... E i modelli culturali ci vengono propinati dai media che ci offrono le notizie più interessanti nei momenti più opportuni.
Ad esempio è curiosa l’enfasi data dai mezzi d’informazione all’aviaria. Forse sarà anche una malattia pericolosissima che avrà effetti calamitosi sulla razza umana, ma finora si contano 275 casi e 167 morti ufficiali tra il 2003 e 2007. Per un confronto nel 2001 nei paesi poveri e impoveriti (detti ufficialmente ed eufemisticamente in via di sviluppo) la diarrea di morti ne ha fatti 1.793.000. Manca il senso della misura, ma ciò non è casuale – molti stati ricchi hanno acquistato milioni di vaccini contro l’aviaria, mentre negli stati poveri molte persone non hanno accesso all’acqua potabile e alle medicine di base per sopravvivere.
Nell’informazione il problema principale è l’indipendenza di chi ha il ruolo di diffondere le notizie. In Italia ad esempio i due quotidiani più importanti sono La Repubblica e il Corriere della Sera. Il primo è controllato dal Gruppo Editoriale L’Espresso SpA, il cui primo azionista è Carlo De Benedetti; il secondo da RCS Mediagroup SpA i cui principali soci sono i soliti noti gruppi finanziari e industriali – il “salotto buono” . Mentre le principali televisioni sono in mano alla politica in genere o ad un personaggio politico in particolare.
Il punto importante è pensare a chi ci guadagna, a chi va bene lo stato delle cose e lo preserva, chi comanda, chi decide cosa vogliamo. Insomma il potere – chi detiene il vero potere economico? Questa è la domanda che dobbiamo porci. E da cui partire per pensare a delle vere alternative e magari puntare alla decrescita economica invece che alla crescita.

Collettivo Economisti Solidali
e Socialmente Orientati



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